martedì 8 maggio 2012

Ho imparato ad apprezzare il volto buio delle parole non dette. Il ventre goloso dell'amore. Il sorriso a mille denti dei tuoi baci e il vuoto negli occhi dell'assenza. Da quando non ci sei tutto sa un po' di te, e del tuo corpo. E l'acqua che bevo mi ricorda le tue lacrime. E il cibo che mangio, i dolci tuoi capelli che sembrano fili di zucchero tessuti sul telaio dell'amore.

venerdì 27 aprile 2012


Le cose più importanti sono le più difficili da dire. Sono quelle di cui ci si vergogna, perché le parole le immiseriscono. Le parole rimpiccioliscono cose che finché erano nella vostra testa sembravano sconfinate, e le riducono a non più che a grandezza naturale quando vengono portate fuori. Ma è più che questo, vero? Le cose più importanti giacciono troppo vicine al punto dov'è sepolto il vostro cuore segreto, come segnali lasciati per ritrovare un tesoro che i vostri nemici sarebbero felicissimi di portar via e potreste fare rivelazioni che vi costano per poi scoprire che la gente vi guarda strano, senza capire affatto quello che avete detto, senza capire perché vi sembrava tanto importante da piangere quasi quando lo dicevate.
- Stephen King.


Sono le parole. Le mie amate parole che immiseriscono, che tradiscono. Le parole pensate, così grandi, quanto una nazione. Così libere, da non poter essere limitate dalla punteggiatura. Così profonde, da far nascere brividi di piacere. Sono loro. Le parole pensate. Sono la vita vera- 

venerdì 30 marzo 2012

"Cosa aspetti dalle persone, Sophie? Eh, cosa? Che ti facciano gli auguri al compleanno? Che ti aiutino a spegnere le candeline? Non è così. Svegliati. Apri quegli occhi. La vita non è un arcobaleno. La  vita è un temporale, ci sono lampi, tuoni, e a volte piove merda."
"C'è la sera. La quiete. I tramonti rosso fuoco. I sorrisi. L'amore. Questa come la chiami, eh? Non è forse vita anche questa? I miei occhi da cerbiatto, che implorano e amano e si inginocchiano avanti al mondo, non sono vita anche questi? E chissenefrega dei lampi e dei tuoni, quando a seguirli c'è la Luna? Chi, dimmi, chi? Le parole. Quelle non sono anche vita? Le parole pesanti. Che solo la carta le regge. Quando vogliono uscire arrivano in gola e poi tornano indietro. Si rifiutano, dicono "perché ti sprechi con gli umani?" Le parole sono cattive. Entrano nell'epidermide, e vanno giù, fino in fondo, perforano tutto, non lasciano segni. Ci sono. E arrivano anche al cuore. E poi, Bum, vuoto.
Le parole mi piacciono. Mi somigliano. Sono lunatiche. Vorrei sposarmi con una parola, un giorno. La più bella: libertà.
Talvolta mi chiedo: dev'essere stato un genio colui che ha inventato questa parola. La cura delle lettere. L'accento grave sull'ultima lettera. La bellezza del suono complessivo. Insomma chiudete gli occhi e pensate "Libertà". Non lo sentite il sole che batte sulla pelle? Il grano che pizzica le piante dei piedi? Il vento che scompiglia i capelli?
Questa non è vita? Ah, e che cos'è allora?"

lunedì 12 marzo 2012

"Scrivere è qualcosa di intimo, più intimo del sesso, quello lo si fa uno incastrato all'altro, si fa senza studiare il corpo che si ha di fronte, dentro. Scrivere è spogliarsi di fronte a qualcuno, lasciarsi spogliare così, nudi e in piedi, pieni di difetti di carne." Giulia Carcasi.

Ho paura di spogliarmi davanti alle persone, ho paura di mostrare gli innumerevoli difetti che imprimono la mia carne. Le anche storte, le clavicole troppo sporgenti, i seni piccoli, le mani grosse, gli occhi privi di dimensioni, consumati dalle parole. Sono tutte cose invisibili, coperte dalla falsità dei tessuti, dalla delicatezza degli smalti color lilla, dagli occhiali. Nessuno sarà mai capace di spogliarmi soffermandosi sui difetti, nessuno amerà mai quelli, che saranno nascosti per sempre sotto le carezze. Dentro quei difetti, dietro le clavicole, negli occhi, c'è scritta la mia storia, quella che custodisco con innata gelosia, con responsabilità e coraggio.
Mi piacerebbe raccontarla a qualcuno, finora nemmeno la carta ha ricevuto le lacrime salate di chi racconta la propria storia. E non è ancora il momento. Con queste faccende, bisogna andarci piano, bisogna essere pronti e ben saldi. Non si può confidare la propria storia a qualcuno, così, su due piedi, bisogna avere le certezze, o se non le si ha, bisogna aspettare che il cuore parli da sé, bisogna aspettare che si tolga la paura, ché quando c'è lei di mezzo, è una brutta storia.
Però, racconterò la mia storia a chi saprà spogliarmi con cura, indumento dopo indumento, lentamente, passionalmente, chi mi bacerà le anche e mi farà notare che sono storte, chi non se lo terrà per sé, chi avrà la faccia di dirmi che ho il seno piccolo, ma sono bella lo stesso, chi mi farà vivere, e mi farà dimenticare tutto quello che mi circonda. Lo dirò a chi se ne andrà dalla mia vita, a quella persona di cui io avrò solo un piccolo ricordo, un piccolo rimpianto che si allontanerà sempre di più dalla mia mente e mai dal mio cuore.
E allora sarò sicura, di averla raccontata alla persona giusta,
sarò sicura che quella persona, mi pensa ancora quando guarda il cielo,
che la mia storia sarà custodita per sempre, nel luogo più sicuro e inimitabile: il cuore di un uomo che ama.

mercoledì 7 marzo 2012

Avremmo dovuto prenderci del tempo, avremmo dovuto non rischiare tutto per un malumore, non camminare su fili immaginari, avremmo dovuto parlare di più, non pensare che saremmo state per sempre noi, immutate, perfettamente congruenti. Ci siamo perse, nei nostri futili discorsi, nelle cazzate; ci siamo abbandonate, siamo scappate da noi stesse. E adesso il mio cuore non può donarti altro che due parole: mi manchi.

Ogni mattina, prima di andare a scuola, ti vedo; coi capelli corti sembri davvero più grande, e quei nuovi occhiali ti stanno benissimo. Ti sei fidanzata, mi hanno detto. / Mi sarebbe piaciuto starti accanto, mi sarebbe piaciuto vivere un po' della tua vita./ L' amicizia è una cosa davvero strana, mi dicono. / Cos'ho io, di diverso, da non poterla vivere come tutti gli altri? Perché ci dev'essere sempre un intoppo? Parte bene, si sviluppa e poi puff, nascono incomprensioni e cambiamenti. Così, dal nulla. / Non mi piace l'amicizia, è un sentimento sporco, come la mia maglietta, vedi./ Ho solo bisogno di un amico. / Anche se non ci sei, io lo so, lo so che dentro di me, tu sorridi ancora. / Non devo piangere. Non devo piangere. Non devo piangere. / Ti prego torna. Fallo piano, in silenzio, con la punta dei piedi. Torna altrimenti io...io non mangio più! /  La pioggia scende sulla Terra quasi ogni settimana, lei si che è una vera amica. Facciamo così: tu sei la Pioggia e io la Terra. Solo tu puoi farmi sentire viva. Solo tu puoi evitare che i miei frutti marciscano all'ombra del Sole. / Ho bisogno di te, veramente. L'amicizia è una di tante leggende. L'amicizia è solo "sentita". Mai vista o mangiata. Solo sentita; non con le orecchie, col cuore.

martedì 28 febbraio 2012

Non mi sono mai saziata della vita.
Non mi sono mai stancata delle sensazioni, che solo essa sa regalarmi.
Ho sempre abusato di lei,
l'ho stropicciata,
l'ho maltrattata.
L'ho assaporata fino a farmi bruciare la lingua.
L'ho perduta,
cercata,
abbandonata,
in silenzio, come fosse il tesoro di una realtà parallela.

E'difficile che secchi un germoglio così prezioso,
così profondo.
La fanciullezza è la fonte di questa felicità,
che troppo spesso viene taciuta al cuore.
Che buffo! Non esiste cosa più evidente della vita,
eppure mi meraviglio, di quante persone siano così
cieche d'animo,
da non riuscire a cogliere nemmeno il suo respiro.


lunedì 20 febbraio 2012

Guardava i passanti fuori dalla finestra, per consolasi. Era incredibile quanta vita ci fosse, in quei respiri affannati, in quei passi confusi. Ma non era mai abbastanza.
Alle persone non interessava la vita, la passione, loro cercavano l'apparenza, il denaro. E li vedevi, tutti uguali, anno dopo anno. Le stesse espressioni. Gli stessi vestiti. Le stesse idee. Le stesse buste degli stessi supermercati.
Come poteva, una tale orridità, rendere così incredibilmente vive tutte queste persone?
Così passavano, uno dietro l'altro, gli anni. Dietro quella finestra, ad immaginare i pensieri degli adolescenti che ansimavano sotto i porticati della città. Tutto questo senza mai preoccuparsi, senza nemmeno sfiorare la vita. In realtà l'unica cosa che rendeva vivente John, era il fatto che pensava, respirava, mangiava, qualche volta parlava. Lui era diverso. A lui non piaceva sfoggiare paroloni per colpire le persone, e si vestiva con quei pochi stracci che la madre riusciva a permettersi, con uno stipendio da inserviente; era uno di quelli che nascono per loro sfortuna, uno di quelli che preferisce avere tutto il mondo contro piuttosto che uniformarsi allo stereotipo di uomo, che la sua mente aveva creato, così lui non si definiva un uomo, ma semplicemente un "ESSERE" e quando diceva ciò, lo faceva con una convinzione invidiabile; essere, in tutti i sensi, forse non aveva poi così torto quel ragazzino, forse c'è davvero la vita vera, dietro questa parola.
Era sempre stato uno di quelle persone che, per quanto puoi girarle e rigirarle, sono e saranno sempre diverse. E non c'è nulla da fare. Era irrimediabilmente sensibile; a volte si svegliava presto, la mattina, per ammirare l'alba, e ogni volta piangeva; era così, un tipo che invece del condotto lacrimale aveva un rubinetto. Non gli interessava nemmeno giocare. Lui voleva solamente vivere, essere, nel vero senso della parola; e così, i suoi primi amori furono i libri, la sua sposa eterna, la poesia. E se fosse veramente felice, se lo chiedono tutti.
"Respiri. Battiti.
Pensieri. Emozioni. Brividi.
Sangue che scorre,
vita che cresce, nelle profonde viscere
di un palazzo abbandonato.
Peli che si rizzano,
capezzoli che si induriscono,
pensieri che si affollano, e mai si smaltiscono.
Silenzi che tintinnano,
nella profondità dell'animo mio.
Sarà sempre, la mia testa, dimora di questi
barboni, di questi cespugli interminabili?
Sarà sempre, il mio cuore, nido di queste parole
che m'illuminano, che mi stupiscono?"

J: "Ci sono cose più importanti di altre. Io mi preoccuperei di avere un cuore leggero, così se un giorno volesse spiccare in volo..beh, potrebbe farlo senza alcuna preoccupazione. Potrebbe volare più facilmente, e più in alto. E non è poco, per un cuore insomma; ma non bisogna metterlo a dieta, anzi, bisogna riempirlo, quasi fino a farlo scoppiare. Perché il cuore è tutt'altro che il nostro corpo, più lo riempi e più si alleggerisce, più si alleggerisce e più vola. Non è una cosa incredibilmente magica?"
K:"Me stessa. Le mie parole. Il mio non sapermi esprimere. I miei gesti. Le parole che escono a stento. La mia voce. L'insicurezza. Il tremolio della mano mentre scrivo. Ho troppi punti deboli per pensare al mio cuore."
J:"Ma è proprio per questo che devi farlo. Per rattoppare tutti quei buchi che si sono formati, per ricucirlo delicatamente, farlo ritornare come nuovo. Non è da vigliacchi, maltrattare il proprio cuore?"
K:"Forse hai ragione. O forse no. Non importa. Le tue parole arrivano al cuore. Non smettere mai."
J:"Di fare cosa?"
K:"Di imbalsamare momenti, sensazioni, fastidi. Sapresti descrivere anche cosa si prova nell'avere un prurito, sai?"
J:"Io non faccio altro che guardarmi intorno. E' semplice. Forse così semplice da poterlo addirittura ignorare.  Sai come sono fatte le persone di oggi. Ignorano persino loro stesse."
K: "Sono i tuoi occhi. C'è qualcosa di diverso, nelle tue pupille. Tu sei diverso.Vorrei essere come te, un giorno. Vorrei imparare a guardare il mondo coi tuoi occhi."

"Se c'è una cosa che il cuore mi ha regalato,
è di sicuro la consapevolezza del fatto
che non si comanda, alle cose belle.
Non si comanda ai polmoni di respirare,
al cervello di ragionare,
al cuore di amare,
alle persone di vivere.
Semplicemente si può ignorare ciò,
si può "esistere", piano, senza fare rumore
ma non si possono evitare
le piccolezze, quelle che poi sono fatali.
Una mela può marcire fino alla radice,
un uomo no.
Esiste. Non si disintegra.
Finché c'è sangue.
Finché c'è respiro.
Finché c'è speranza."